La marginalizzazione alza muri e moltiplica i nemici

lectio divina domenica 11 febbraio 2018 V del T.O.: Mc1,40-45

La marginalizzazione alza muri e moltiplica i nemici
La marginalizzazione alza muri e moltiplica i nemici

La marginalizzazione alza muri e moltiplica i nemici

di Miriam D’Agostino (Sr Myriam)

La marginalizzazione alza muri e moltiplica i nemici, mettere qualcuno al di là delle nostre strette vedute, dei nostri confini immaginari, dentro quelle che spesso sentiamo chiamare periferie esistenziali è uno dei grandi luoghi in cui questo Vangelo necessariamente enti a portare la sua energia pasquale.

La condizione del lebbroso (cfr.Lv13,45; Gb18,13) non è solo quella del malato, del chi non ha un farmaco per curarsi, ma era considerata al tempo di Gesù, e ancora prima di lui, come una maledizione divina, uno stato sociale, personale , esistenziale nel quale ti trovavi perché maledetto da Dio, e se maledetto vuol dire che l’avevi fatta veramente grossa.

Più grave era la malattia, la disgrazia che ti capitava, più grande era il “peccato”di cui ti eri macchiato, e più grande era il peccato di cui ti eri macchiato, più lontano da Dio e dagli altri dovevi stare, altrimenti “infettavi”.

Dietro la parola “lebbroso” si nasconde tutto un mondo di significati che vanno oltre la sanità fisiologica, ma che rendono bene l’idea tutte quelle condizioni sociali, politiche, esistenziali, economiche, lavorative, generazionali, culturali, religiose che con troppa facilità barrichiamo al di là del nostro “qui ed ora”.

Basterebbe il v.40 a sconvolgere noi uditori, “venne a lui”, il lebbroso rischia, intuisce che può uscire dalla sua marginale condizione senza che nessuno gli dia il permesso, senza che nessuno gli dica “prego si faccia avanti”, senza che nessuno gli faccia spazio.

Si propone lui, da solo, senza permessi, senza ipocrisie, con la faccia tosta di chi ha intuito che tanto non ha più niente da perdere, ma solo da rischiare per ritornare a vivere con dignità.

E Gesù, non si sottrae, non si scansa, non lo allontana, non lo rimprovera, lui un Rabbi orami famoso per i miracoli che ha appena fatto, si lascia avvicinare, anzi di più “lo toccò“.

E non è un tocco fortuito, una spallata in metro o alla cassa del supermercato, è un tocco, voluto, desiderato, un tocco non estemporaneo ma prolungato, la parola greca che traduce questo  e altri contatti di Gesù (cfr. Mc3,10; 5,27-29) indica la dedizione di un tempo da dedicare ad un altro con cui entrare in contatto.

La relazione che Gesù instaura con lui gli ridona non solo la guarigione fisica, ma la dignità uomo, in quanto tale, solo per il fatto di esserci.

Quante domande sul nostro modo di vivere le relazioni…

Buona domenica a tutti!

 

La marginalizzazione alza muri e moltiplica i nemici

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