La vigilanza è la virtù della fermezza che evolve la fede

Lectio divina domenica 12 novembre XXI del Tempo Ordinario: Mt25,1-13

La vigilanza è la virtù della fermezza che evolve la fede.
La vigilanza è la virtù della fermezza che evolve la fede.

 

La vigilanza è la virtù della fermezza che evolve la fede

di Miriam D’Agostino ( Sr Myriam)

La vigilanza è la virtù della fermezza che evolve la fede, è quella capacità di restare fermi davanti a “quella porta” sempre e nonostante tutto; è la capacità di sostare nonostante il buio.

Ultima delle parabole del Vangelo di Matteo, dell’ultimo dei cinque grandi discorsi, quello sulla pienezza del tempo, della compiutezza, del senso pieno della storia, la parabola delle vergini è molto di più di ciò che ci aspettiamo. Impossibile esaurire il discorso in una lectio divina, ma possiamo sicuramente lasciarsi provocare e interrogare “nuovamente”, su questa sempre “nuova buona notizia”. Stolte e sagge, non è la separazione del mondo in buoni e cattivi, in bianchi e neri, guelfi e ghibellini, non è questo a mio avviso l’aspetto principale di questo vangelo, e nemmeno il dimenticarsi dell’olio.

Chi uscendo di casa al mattino per andare ad una festa pensa di portare con sé,  non solo una lampada funzionate, quindi carica,  ma anche di una non quantificata quantità di olio in caso di emergenza? La stoltezza, la non sapienza non credo sia quindi nel non aver portato la scorta e nemmeno la richiesta di condivisione alle altre, che invece sono uscite con il “rifornimento”, trovandosi in difficoltà la richiesta di aiuto è naturale, e sembra cinica la risposta di un “No” cosi determinato.

Ma dove sta allora il paradosso di questa parabola?

La non sapienza sta nello scegliere di andare a mezzanotte, in giro, a cercare un negozio aperto che abbia dell’olio da vendere, e per far questo perdere il centro dell’attesa, il paradosso sta nel perdere l’incontro per non essere restate lì, ferme, nonostante il buio davanti la porta. La stoltezza delle cinque vergini è quella di allontanarsi dallo stare lì, dal perseverare nonostante tutto, dal mollare la presa per paura del buio, per non voler vivere la frustrazione di presentarsi senza luce davanti allo sposo.

L’importanza dell’incontro, del partecipare a questa festa di nozze, immagine del ripristino dell’alleanza, dovrebbe educare all’attesa, alla modalità di restare fermi, al vivere nonostante la paura e il dolore del buio.

Andare a cercare altri da cui comprare, è come “abbandonare  il campo”, e come vivere nell’illusione che qualcuno o qualcos’altro può eliminare l’inevitabile duro reale entro cui siamo quotidianamente chiamati a vivere. La certezza è che c’è una festa al di là dell’attesa, c’è un incontro a cui siamo chiamati a vivere, c’è un momento in cui quella porta si apre. La vigilanza è lasciarsi incontrare, lasciarsi spalancare le ante, è la fermezza di sostare, di non scappare, di accogliere e accogliersi per ciò che si è, anche se a volte scarichi e senza olio.

Meglio scarichi e senza olio con le lampade spente, che nell’illusione di trovare a pagamento altrove un olio che non si vede, non si cede, non si presta, perché è ciò che rende ciascuno unico a quella festa. Il mio augurio è proprio questo, quello di lasciarci educare dalla Parola a sostare, a restare perché l’incontro c’è se ci siamo noi, se siamo noi a non voltare le spalle, a non cercare di compare un prodotto che non si lascia comprare, perché non altrove ma dentro. Buona domenica a tutti!

 

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