E’ la Pasqua del Signore
di Miriam D’Agostino (Sr Myriam)
E’ la Pasqua del Signore, la lavanda dei piedi, l’adorazione della croce , la veglia , il mattino di Pasqua, un unico grande giorno fondamento della nostra Vita, della nostra storia, del nostro tempo, dei nostri dubbi, delle nostre fragilità, al centro dell’uomo, di ogni uomo e donna abita il Risorto.La lavanda dei piedi non è solo il gesto umile di un maestro che si mette a servizio della sua Comunità, dei suoi discepoli, non è solo un gesto di perdono e di riconciliazione come spesso lo fraintendiamo nelle nostre comunità parrocchiali, ma è il più alto gesto del servizio. Ma di quale servizio si sta parlando? E’ qui la vera differenza, la vera buona notizia, altrimenti si corre il rischio di ripetere un’azione liturgica di anno in anno, come se stessimo a teatro, o solo per accontentare il povero parroco di turno. Il più alto servizio che Gesù dona ai suoi è la sua Parola, la sua vita, il suo annunzio pasquale di amore capace di arrivare fino alla donazione della propria vita, senza riserve,senza se e senza ma, tutta, così com’è. Il più alto sevizio al quale siamo chiamati, che nella cena Pasquale Gesù chiede alla sua Comunità e a tutte le comunità è il servizio della Parola. Dona al tuo vicino, a chi lavora con te , ai tuoi figli, i tuoi genitori, al tuo compagno, al tuo prossimo la Parola dell’amore evangelico, l’unico in grado di superare le barriere, i muri, i confini, i razzismi, gli egoismi, le pretese che abitano il cuore di ciascuno.
Fai entrare aria nuova, pulita, tersa, trasparente nella tua e nella vita di chi ti sta accanto; lì vivrai la tua Pasqua.
Leggendo la Passione di Giovanni, ci rendiamo conto della bellezza di un amore che supera i legami di sangue, che ci fa figli e madri anche dello sconosciuto, di chi non ci “appartiene”, di un Gesù che ha sete di Dio e del’uomo, che nella Parasceve primo Giorno della Pasqua, giorno in cui in genesi è creato l’uomo, ridona vita e fa di questa umanità, un’umanità nuova. Adoriamo la croce, non come patibolo di morte, non come accettazione inerme delle nostre sofferenze, non come culto del dolore, non perché siamo una folla di masochisti, ma perchè in essa abbiamo la certezza della vittoria della morte e delle morti che ci opprimono il cuore e lo rendono sterile.
Gesù non è morto solo, e non è risorto solo, è sceso agli inferi (1Pt3,4) e lì ha incontrato tutta l’umanità, e l’ha redenta.
E infine, la Santa notte, il fuoco e l’acqua, la notte e la luce dell’alba, la Comunità riunita, la proclamazione del Vangelo “Non è qui, è risorto!”, la meravigliosa notizia di un’assenza che paradossalmente diventa buona notizia più che una presenza, per noi abituati all’evidenza, Cristo si mostra Risorto prima di tutto con la sua assenza, con un corpo che non è c’è, con una pietra rotolata vita, una porta aperta dalla quale esce solo luce.
Commenta per primo