Lectio divina. Domenica 21 giugno 2015
Mc 4, 35-41
In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
È sera, non c’è luce, siamo al buio, sono terminate le parabole e Gesù in quello stesso giorno propone di andare all’altra riva, di passare dalla parte giudea, al lato pagano del mare/lago di Galilea, verso la Decapoli. Cosa sono queste? Informazioni di cronaca su un uomo famoso chiamato Gesù? Oppure dettagli indispensabili al fine di cogliere il messaggio evangelicamente buono e bello di questa domenica?
Nell’evangelo di Marco “è sera” la prima volta che Gesù incontra i demoni (1,32), quando i suoi terrorizzati dalla paura saranno soli sulla barca(6,47), quando annuncia il tradimento durante l’ultima cena (14,17) e al momento della morte e della sepoltura (15,33.42).
La metafora delle tenebre, del buio, dell’oscurità da sempre viene usata come sinonimo di qualcosa di negativo, di sofferto, di incomprensibile, faticoso, difficoltoso, tanto da essere oscuro; chi non ha fatto mai questa esperienza? Chi non ha vissuto la sua notte esistenziale?
Ogni tappa della vita credo porti in sé la sua sera, quando ti lascia il primo ragazzo, il primo voto brutto a scuola, quando ti guardi allo specchio e non ti piaci, quando fai di tutto per essere accolto dal gruppo, quando senti litigare i tuoi dalla tua camera, il primo licenziamento, il conflitto con i figli che crescono e che sempre meno riesci a capire, la morte improvvisa di una persona cara, la malattia, infiniti esempi di notti in cui ci sembra non esista luce, dove viene meno la speranza, dove è difficile credere in un giorno nuovo, dove arriva la paura del domani. Ma proprio a partire da qui, da dove tutto ci sembra immobile, fermo, stanco, che Gesù ci invita a fare un viaggio, a camminare, a cambiare rotta, ad attraversare l’altra riva compiendo un grande atto di fiducia in noi stessi, nella vita, negli altri e in Dio. Andare all’altra riva comporta cambiare orizzonte della vita, orientarsi verso l’inedito, l’insicuro, il probabile, il rischioso, per di più verso una direzione totalmente altra da noi, dalle nostre vedute, dai nostri mezzi, perché è “terra pagana”, Gerasa.
Arriva la tempesta, le onde entrano nella barca, situazione panico, kaos e disordine assalgono tutti i membri dell’equipaggio meno che uno, il Maestro; mentre tutti si agitano, lui è a poppa che dorme su un bel cuscino. Dormire? Ma ti sembra questo il momento di dormire? Non c’è nessun altro testo del NT che ci dica che Gesù dorma, e questo sembra davvero essere il meno opportuno di tutti.
Quante volte gli abbiamo urlato contro “ma nono ti importa che…”, dentro le sofferenze, dentro le nostre tempeste, quando la barca sta affondando, quante volte abbiamo cantato il nostro salmo imprecatorio, agitandoci nel kaos che abbiamo intorno.
Gesù, a mio avviso, oltre a tutti gli altri significati che a questo atteggiamento possiamo attribuire, e che forse abbiamo ascoltato tante volte (la barca è la chiesa, Gesù ne è il capo, etc..), rivela all’uomo una verità fondamentale, Lui è la pace e non il panico, il kosmo e non il kaos, l’armonia e non il disordine, Lui può stare nella tempesta senza esserene travolto, ma riposando lo stesso.Quando siamo agitati la prima cosa che non facciamo qual è? Dormire. Nessuno riesce a dormire bene se qualcosa lo turba profondamente, Gesù invece ci rivela che esiste una pace interiore che nasce e parte da dentro, che ci permettere di non soccombere alle tempeste, ma di viverle da dentro. “Si, vabbè ma che c’entra Lui è Gesù, e noi?”. Se Gesù può dormire è perché è uomo come noi, altrimenti non ne avrebbe alcun bisogno, la differenza sta nel credere che sia possibile dormire nella tempesta, il che non vuol dire essere inermi e soccombere passivamente, come Giona che si nasconde per non assumersi la responsabilità della sua missione, ma avere la certezza che sulla barca non siamo soli, ma per fortuna Lui e a poppa che dorme. L’unica cosa capace di vincere ogni paura è la fiducia. Qui si aprirebbe un dibattito lunghissimo che non si esaurirebbe mai, mi limito semplicemente al testo “ perché siete paurosi? Non avete ancora fiducia?”.
La paura è il blocco della vita, della vitalità, e domenica ci viene proposta questa buona notizia della fiducia che pur se nella tempesta ha il coraggio di dormire. Gesù invita i suoi e noi con loro, ad avere fiducia nel suo progetto, nel suo Vangelo, anche se ora sembra che tutto stia cambiando, anche se ora abbiamo cambiato rotta, anche se ora siamo diretti dalla parte opposta a quella che ci aspettavamo, anche se ora non stiamo andando verso il tempio ma verso coloro che abbiamo giudicato pagani, maledetti, lontani da Dio.
E allora, forse, il coraggio di essere cristiani sta tutto qui nell’accogliere Gesù, la sua Parola sulla barca della nostra storia, “così com’è”, verso l’orizzonte nuovo di ciò che non possiamo possedere per non soccombere al Kaos, ma vivendo in armonia nel kosmo.
ok miriam