La paura di perdere ci fa perdere davvero
di Miriam D’Agostino (Sr Myriam)
La paura di perdere ci fa perdere davvero, perché ci fa restare immobili nell’illusione di camminare, ci paralizza con la condizione di essere persone stabili, ci limita con la pretesa di essere liberi.Finché non ci accorgiamo da quali paure naturalmente siamo abitati, non sapremo dargli un nome, un volto, un colore e senza riuscire a trovarne “l’antidoto”.
In questa domenica abbiamo la vincente opportunità di uscire allo scoperto, di iniziare a fare un cammino di verità, ad intraprendere una strada nuova, e per certi versi sconosciuta.
Siamo al capitolo 16 di Matteo, domenica scorsa ci siamo tutti complimentati con Pietro per la sua professione di fede, ed ecco oggi dobbiamo già ricrederci, perché a lui, propria a lui “la roccia testarda” Gesù si rivolge chiamandolo Satana, neppure per giuda ha usato tale appellativo.
Diventato ormai famoso dopo guarigioni, miracoli, pane e pesce gratis, risurrezioni, folle al seguito, all’apice della carriera, Gesù annuncia per la prima volta la sua “passione”, il vero motivo per il quale ha iniziato questo cammino di umanizzazione.
E proprio questo sembra essere così incomprensibile a tutti, persino a Pietro. “Dio te ne scampi!”. Se fallisci tu, falliamo anche noi, che siamo venuti a fare dietro a te lasciando il nostro lavoro, casa, famiglia, figli,ect…
Pietro prende un posto che non è il suo, quello dello stare davanti, del maestro, si erge lui a programmatore dei prossimi passi,di dove andare, di quali applausi ricevere.
E invece no, “Vai dietro a me!“, rimettiti sui miei passi, torna a stare dietro, torna a fare il discepolo, come?
I v.24-25 ne descrivono la modalità, ne danno la forma cristiana: vivi secondo il vangelo nelle circostanze della vita, misurato, conosci, confrontati con questa parola quando sei di fronte ad una scelta della vita, e se anche dovessero “perseguitarti” per questo non mollare.
“Se qualcuno vuol venire dietro a me…”, la condizione sta nella scelta, la sequela non è un mattone che ci piomba sulla testa, ma l’adesione, la scelta di accogliere un progetto di cui non siamo i detentori, ma i collaboratori.
E allora che vantaggio abbiamo a guadagnare il mondo intero, ad essere proprietari di tutto, se poi in fondo non conosciamo nemmeno noi stessi. Nessuno? O quello di sentirci dei “padreterni“?
Buona domenica a tutti!!
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