La Pentecoste come processo evolutivo nella fede.
di Miriam D’Agostino (Sr Myriam)
La Pentecoste a mio avviso è la forma più evoluta della Fede, è quell’orizzonte che non è mai meta, ma eterno orientamento, è ciò che non possiamo confinare nei parametri del “religioso”, è quella porta sempre aperta ad un incontro chi si realizza solo quando diventa dono.Culmine del tempo Pasquale, la Pentecoste non è la fine di un tempo liturgico e l’inizio di un altro e basta, non è il confine bianco-verde nelle nostre sagrestie, è quella brezza di cui facciamo esperienza, che è impossibile da afferrare.La
Lo Spirito sta all’origine e all’apice delle nostre vita, è cellula staminale originaria che ci trasforma e ci pone e propone un passo in avanti. Tutto il percorso pasquale è processo di conoscenza profonda, un processo luminoso, di comunione, di scambio, di consegna della Vita Eterna, per questo ciascuno è già cittadino del cielo, già inabitato dallo Spirito.
In questo contesto per ben 5 volte dal capitolo 14 al capitolo 16 annuncerà la venuta, la vicinanza, la prossimità, la presenza, di un nuovo “protagonista” il Paraclito, lo Spirito di Verità, Colui che non ci lascerà soli. Giovanni prova a dare alla sua e ad ogni comunità un nuovo modo di vedere la realtà, una visione trasversale, non frontale della storia, delle relazioni, delle difficoltà, dei conflitti; una visione obliqua, un prospettiva altra, quella dello Spirito.
Lo Spirito della Verità è colui che ci permette di osservare e vivere la realtà nella sua tridimensionalità, è quello spessore in più che dà profondità. Dire lo Spirito della Verità non è ricerca di una sentenza sulla vita vostra e altrui, la Verità evangelica proposta da Giovanni non è una risposta definitiva, ma una domanda sempre aperta sull’uomo, sulle sue capacità, sul suo potenziale, sul suo credere, vivere, sperare, amare.
Resta solo una cosa certa e indiscutibile, “il Paracliito rimane con voi per sempre”, questa è la garanzia che non è mai detta l’ultima parola, che nessuno è moralmente etichettabile, ma che ognuno è una domanda sempre nuova nella relazione con l’altro e l’Altro.
In Giovanni lo spirito della Pentecoste non arriva dopo 50 giorni, quello è il tempo della nostra comprensione dello spirito, siamo noi che abbiamo bisogno di tempo per capire, ma sulla croce è già Pasqua, è già Pentecoste perché è da lì che emise lo spirito.
È a partire dalla nostra parte oscura, tenebrosa, infernale che facciamo Pasqua, in quel misterioso passaggio tra morte e vita, tante volte nella vita per liberarci e rinascere dobbiamo passare attraverso esperienze che giudichiamo moralmente fallimentari, ed è proprio lì che dobbiamo lasciarci dominare dallo spirito.
“se mi amate, osserverete”, abituati ad ascoltarla tante volte non ci facciamo più caso al fatto che Gesù sovverte completamente l’ordine non solo delle parole, ma del principio di ogni relazione, noi siamo stati educati che ad una buona osservanza corrisponde un premio, una “benevolenza” da parte di qualcuno, genitori, educatori, maestri, se fai bene ti dico bravo, se sbagli però ti becchi la punizione, quindi noi avremo detto “ se mi osserverete allora sarete amati”.
È invece no, prima di tutto, prima di ogni giudizio morale, prima dei bravi e dei cattivi, per il Dio che Gesù ci sta rivelando, viene l’amore, solo se amerete osserverete veramente, solo se prima amerete le vostre azioni, parole, relazioni avranno un altro sapore.
Si obbedisce solo per amore, ogni altro modo di compiere un comando è solo osservanza, ma non è obbedienza, e non per un amore fantastico, ma reale, fatto di azioni, di gesti, di impegno concreto, di scelte che possono cambiare la vita quando meno te lo aspetti.
Tutto il cammino Pasquale è quindi un processo di conoscenza, luminoso, di comunione, di scambio della vita eterna, di umanizzazione dell’umano, per questo siamo già cittadini del cielo abitati dallo spirito, cellula staminale che lavora e trasforma la vita dei singoli e delle comunità in cui le differenti lingue non sono omologate in una, ma comprensibili a tutti pur restando differenti, perché nella Pentecoste come anti- babele per eccellenza, parlare e ascoltare la lingua dell’altro è il dono più grande che lo spirito ci offre. Buona Pentecoste a tutti!
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