Semplici beatitudini! Il cammino di vita cristiana
di Miriam D’Agostino ( Sr Myriam)
Testo fondamentale della vita cristiana, ma anche testo complesso, non di facile lettura, di cui ci siamo un po’ abituati leggendolo sempre sotto lo stesso punto di vista, senza mai chiederci se fosse davvero quello che l’evangelista ha colto del messaggio di Gesù, o ciò che per accontentare la nostra religiosità, ci siamo fermati a credere.
Le beatitudini non sono un’apologia degli sfigati, non è la difesa degli inermi, non è la fotografia dello status quo apparente dei bravi ragazzi che si meriteranno il paradiso, ma è certezza che una vita felice è possibile, per tutti.
La ricerca della felicità è il desiderio profondo che abita il cuore di ogni uomo e donna, a qualsiasi storia, tempo e luogo appartengano, ed è sempre legato al bisogno di essere amati, tutti vogliamo essere felici, e tutti abbiamo bisogno di sperimentare l’amore, quasi come fossero indivisibili.
Ebbene qui Matteo, con questa sintesi evangelica, ci mostra quale sia la qualità di questo amore che ci rende felici.
È impossibile sintetizzare in queste poche righe la quantità di studi che è stata fatta su questo testo, ma è possibile però provare ad usare un’altra chiave di lettura, un’altra angolatura da cui leggere questo testo, scegliendo ovviamente il punto di vista di Matteo l’evangelista, colui che ha scritto il testo, e che nelle traduzioni moderne abbiamo esemplificato tanto da lasciar cadere dei dettagli fondamentali.
Beati i perseguitati, è questo il punto di svolta, perchè che Dio soccorre l’orfano, la vedova e il forestiero lo diceva già l’AT, che Dio ascolta il grido del povero anche; la novità evangelica di questo passo, che cambia tutto sta proprio nell’ultima beatitudine, quella che meno ci piace.
Beati i perseguitati, cioè beati coloro che si prenderanno cura del povero scegliendo la povertà e per questo saranno perseguitati, beati coloro che si accostano alle lacrime dell’altro in punto di piedi, con silenzio e rispetto e accogliendole renderanno beato l’altro. Beati coloro che con la mitezza, con la fermezza di chi sa aspettare il momento opportuno nel silenzio, prima di prendere posizione, di dire una parola, verranno derisi, ma non smetteranno di essere miti.
Beati coloro che seppur perseguitati si faranno carico delle ingiustizie che vivono gli altri vicini e lontani, beati coloro che pur se perseguitati costruiscono la pace lì dove emergono i conflitti, le rivalità, le invidie, le guerre. Beati quelli che nel mondo moltiplicano il bene, condividono con Amore, agiscono per il meglio, nonostante tutto.
E al tempo stesso, beato il povero se io mi prenderò cura di lui e gli tenderò la mano, beato chi è nel pianto se io che non lo sono asciugherò le sue lacrime, beato chi subisce l’ingiustizia se io che posso me ne farò carico. Il povero non è felice solo perché è povero, e così chi piange, l’affamato o chi subisce guerre e ingiustizie, non è la sofferenza che determina la felicità, sarebbe assurdo e tremendo un Dio così, ma tutti costoro saranno beati quando nonostante la persecuzione in virtù del Vangelo qualcuno, in un giorno qualsiasi si prenderà cura di loro con Amore.
E allora sì, che questa parola diventa incarnata, storia quotidiana, vita di tutti i giorni; allora sì che la felicità evangelica è possibile, visibile agli occhi, realizzabile perché è fatta di piccoli gesti, feriali, ma carichi dell’energia Pasquale che cambia i cuori, che fa sì che nel mondo ci sia sicuramente più bene che male anche se non fa notizia. Buona festa a tutti!
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